Psicologia dell’invecchiamento

Gli interventi di stimolazione cognitiva sono rivolti a persone che, previa valutazione neurologica e  neuropsicologica del funzionamento mentale globale, presentano un sospetto o accertato deterioramento cognitivo/demenza. La stimolazione delle abilità cognitive ha mostrato di poter essere un valido aiuto nel contrastare la perdita delle abilità residue con benefici paragonabili a quelli ottenuti mediante la terapia farmacologica (Spector et al., 2003)*. Il deterioramento cognitivo non si presenta in tutti i soggetti con le stesse caratteristiche e con lo stesso livello di gravità e le persone  si differenziano per grado e qualità di capacità cognitive ancora presenti.

Fare stimolazione vuol dire conoscere il grado complessivo e specifico di deterioramento e modulare la proposta di attività in modo da promuovere le abilità cognitive residue, quelle cioè che la malattia al momento ha risparmiato.

Si tratta di un intervento altamente strutturato e  strategicamente orientato al benessere complessivo della persona ma soprattutto di una proposta terapeutica “su misura” in cui si terrà conto non solo delle caratteristiche cliniche della patologia ma anche della esperienza soggettiva che il malato sta vivendo e della sua storia di vita. L’obiettivo  dunque è mantenere la mente attiva ed impegnata ri-attivandola con un percorso atto a contrastare il declino cognitivo e a favorire i meccanismi di compensazione. La persona viene stimolata a sfruttare strategie interne ma anche ad utilizzare ausili esterni (quali diari, agende, calendari, lavagne cancellabili ecc.).

Naturalmente l’esercizio e la stimolazione non sono in grado di ripristinare le funzioni compromesse da una malattia degenerativa ma potranno rallentare il progressivo declino mediante l’ottimizzazione della riserva cognitiva esistente e la promozione di strategie di compenso.

A ciò può affiancarsi un sostegno, sia psicologico che psicoeducativo, al caregiver della persona affetta da deterioramento cognitivo in modo da facilitare la presa in carico del paziente e consentire una rimodulazione del contesto socio-familiare ma anche per canalizzare il carico emotivo che un caregiver deve sostenere nelle diverse fasi di gestione di un familiare ammalato.

*Spector, Aimee, et al. “Efficacy of an evidence-based cognitive stimulation therapy programme for people with dementia.” The British Journal of Psychiatry 183.3 (2003): 248-254.